Il Growth Hacking è una disciplina utilizzata da alcune delle aziende che hanno avuto una crescita incredibile come Facebook, Twitter, Uber, Square, Airbnb e Dropbox. Alla base della loro crescita e acquisizione di milioni di utenti c’era un metodo scientifico e scalabile, ovvero il Growth Hacking.
Applicato al business, il Growth Hacking è un processo di sperimentazione rapida sul prodotto e sui canali di marketing che ha lo scopo di trovare il modo più efficiente per far crescere un business.
Anche se diventato famoso proprio per i risultati portati alle aziende, il growth hacking è però un mindset e una filosofia che può essere applicata ad ogni aspetto della nostra vita.
E’ guardare a un problema e chiedersi: “Qual è il miglior modo per risolverlo? C’è un modo migliore rispetto a quelli standard?”
In poche parole il growth hacker ha un mindset ossessivamente focalizzato alla crescita.
Tutto è nato con Sean Ellis che doveva trovare un nome a quello che faceva per far crescere alcune delle startup più conosciute della Silicon Valley.
Le aziende lo chiamavano quando avevano problemi di crescita, lui arrivava e nel giro di 6-12 mesi “risolveva” il problema in maniera sistematica.
Uno degli esempi più famosi è stata la strategia di referral con cui ha fatto scoppiare la crescita di Dropbox. In pratica ha inserito un sistema di gratificazione attraverso cui gli utenti potevano ottenere spazio aggiuntivo di memoria in base a quanti “amici” portavano a utilizzare il servizio. Con questa strategia, Dropbox è passata da 100.000 a 4 milioni di utenti in 15 mesi e trasformandolo nel colosso che conosciamo oggi.
Questo è il caso più famoso, ma e’ stato anche il caso che ha creato più confusione nella definizione di growth hacking. In maniera sbagliata si pensa infatti che il growth hacking sia basato sull’utilizzo di strategie al “limite del legale” per essere virali e crescere velocemente.
Ma non c’è niente di più sbagliato. Nel caso di Dropbox per esempio i risultati non sono stati ottenuti grazie alla strategia qui sopra, ma grazie alla sperimentazione continua. Non è quindi la strategia a portare la crescita, ma la metodologia basata su continue sperimentazioni e ottimizzazioni che hanno risultati duraturi non solo nell’acquisizione di nuovi clienti, ma in ogni fase del business.
A dimostrazione di quanto detto ci sono aziende come Facebook, Netflix e Amazon che hanno già raggiunto l’apice di crescita e che hanno team di growth hacker che continuano a lavorare su tutti i processi, dal prodotto alla distribuzione e tasso di permanenza dei clienti.
L’errore infatti che si vede troppo spesso fare da aziende di tutte le dimensioni è di collegare la crescita all’acquisizione di nuovi clienti. Ma come dice Alex Shultz, VP of Growth di Facebook, “senza permanenza non c’è crescita”.
Ci sono tanti modi per far crescere un business e sta a un growth hacker trovare il modo più efficiente e meno costoso per raggiungere l’obiettivo. Mentre per le startup il modo potrebbe essere quello di focalizzarsi sulla distribuzione, per aziende mature potrebbe essere quello di migliorare il tasso di permanenza dei propri clienti.
Il lavoro di un growth manager è proprio quello di essere un’intersezione tra il marketing e lo sviluppo del prodotto ed è focalizzato sul miglioramento dell’acquisizione, attivazione, permanenza e spesa dei clienti.
In pratica è una figura estremamente trasversale che comunica e lavora con ingegneri, grafici, analisti, sviluppatori del prodotto, operazioni, marketing e vendita per coordinare la realizzazione di iniziative di crescita.
Al giorno d’oggi infatti i prodotti non sono più solo fisici, ma anche digitali. Con l’arrivo di nuove tipologie di prodotti, anche i metodi per distribuirli sono cambiati.
Fonte: Forbes