Digital native: chi sono i nativi digitali?
In prima battuta e volendo semplificare possiamo identificare i digital native con la categoria dei Millennial. Sono i nati tra i decenni ottanta e novanta; sono il risultato della rivoluzione digitale che ha visto queste nuove generazioni crescere e familiarizzare con essa. Il nativo digitale è nato e cresciuto nella totale disponibilità di smartphone, pc e connessione. Tutto ciò ha permesso loro di sviluppare attitudini, capacità e un modo di vedere e vivere la quotidianità che non può più prescindere dall’ uso del digitale stesso. E’ cambiato anche il mercato del lavoro. Sono nate nuove professioni e nuove specializzazioni.
A digital native: tracciamo l’ identikit di “un nativo digitale”
Sono tante le analisi che si possono fare. Da un confronto tra i nativi digitali e i – cosi detti – migranti digitali, alle considerazioni per definire gusti, preferenze ed aspirazioni di queste nuove generazioni.
Partiamo intanto con il distinguo tra nativi e migranti! Questi ultimi sono gli appartenenti ai decenni precedenti; sono coloro che hanno iniziato a familiarizzare in un secondo momento con la tecnologia; che hanno imparato a padroneggiarla e a farne un business; che ne hanno sviluppato modelli e teorie; ma che sono entrati “in questo mondo” un attimo dopo e, di conseguenza, continuano ( e continueranno ) a vedere il mondo digitale come un’ opportunità, un lavoro e non qualcosa di naturalmente proprio. Tale distinzione ci aiuta a capire meglio la generazione dei Millennial – o generazione Z -.
Crescere in un ambiente digitale porta un soggetto a considerare in modo differente anche le relazioni sociali, il contatto umano e non solo le opportunità in termini, ad esempio, di disponibilità delle risorse. Ragionare su considerazioni come queste aiuta i consulenti di marketing e le aziende a capire bene come posizionarsi sul mercato; come presentare il proprio prodotto o servizio; cosa un target o una nicchia di persone si aspetta di ricevere o di trovare.
Nativi digitali tema introdotto da Marc Prensky
Fu proprio lui ad identificare questa generazione. A tracciarne il primo identikit è stato, infatti, Marc Prensky nativi digitali: sono i bambini esposti fin da piccolissimi all’ uso della tecnologia digitale che – in modo del tutto naturale – sviluppano strutture di apprendimento differenti rispetto alle generazioni precedenti. Noto scrittore e consulente americano, Prensky è un innovatore nel campo dell’educazione e dell’apprendimento. Le analisi e gli studi fatti su come sono cambiate le generazioni sono, da lui stesso, state meglio definite in un articolo del 2001 su “On the Horizon”. Il tema dei digital natives, oltre che da Prensky, è stato interpretato e sviluppato da altre figure. Come quella della psicologa americana Jean Twenge che definisce una “generazione dell’ IPhone che non ricorda un tempo senza internet”.
La rivoluzione Z
Gli studi svolti sul tema evidenziano come la “nascita” di questa generazione Z sia stata quasi una naturale conseguenza del ruolo crescente di tecnologia e ambienti digitali. Ecco perché si parla di strutture di apprendimento diverse. La letteratura e le argomentazioni a tal proposito sono molto discordanti sul tema. Se da una parte vengono considerati più capaci, più veloci e più multitasking, dall’altra c’ è chi li considera quasi aridi, ovvero con limitate capacità relazionali. Seguendo questa posizione, l’ uso del digitale e il naturale trovar tutto e rispondere ad ogni esigenza tramite uno smartphone o un pc, finiscono per creare nei ragazzi il disagio delle relazioni interpersonali. La tecnologia tascabile rende superfluo aver bisogno di parlare con altre persone; rende non necessario il contatto fisico. Ed è così che anche il cercare un amico o un’ amica avviene tramite uno schermo, un messaggino (vocale o testuale che sia).
Cosa fanno i nati digitali quando sono online?
Per rispondere a questa domanda, occorre partire da un altra domanda: quanto tempo trascorrono on line? Dalle tre alle quattro ore al giorno. Solitamente trascorrono la maggior parte del tempo sui social media. Facebook, Instagram o Tik Tok per citarne alcuni. Sono i canali social a catturare maggiormente l’ attenzione dei ragazzi. Lì conversano, si confrontano, imitano e recensiscono. Insomma è come se i canali social avessero sostituito il mondo fisico. La disponibilità di informazioni e notizie su altre persone, che siano loro coetanei o personaggi dello spettacolo o ancora influencer, allarga il loro orizzonte di relazioni virtuali. Finiscono per identificarsi in personaggi lontani e diversi da quella che potrebbe essere la loro quotidianità. Si pensi a come, tra le professioni più ambite dei millennials ci sia, ad esempio, quella dell’ influencer! E si pensi, ovviamente, a cosa questa ambizione implichi, visto che, quello degli influencer, è un “lavoro complicato”. Non ci addentriamo in queste considerazioni che, per quanto interessanti e oggetto di diverse interpretazioni, rischierebbero di allontanarci dal nostro argomento iniziale.
Digital native ci sono dei miti da sfatare
Uno su tutti, quello delle relazioni interpersonali. E’ vero che non hanno più bisogno di uscire per incontrarsi e vedere l’ amica o l’ amico; ma è pur vero che non hanno barriere nella conoscenza di persone nuove. Non hanno limiti d’ età e / o distanze geografiche. Ci si può conoscere tramite social o tramite una recensione o tramite una ricerca di lavoro.
A questo punto, come dicevamo prima, i consulenti di marketing prima e le aziende poi, devono riscrivere le regole di come, quando e cosa far trovare online o presentarsi. Comprendere cosa spinge un ragazzo a compiere una ricerca sul web oppure, come avviene questa ricerca, sono elementi chiave che possono determinare il successo o meno di un brand.
Fortunatamente la tecnologia ci mette a disposizione moltissimi strumenti per interpretare, conoscere e – perché no – pilotare i flussi di ricerca finalizzati ad un acquisto. Abbiamo tanti strumenti per conoscere il nostro target; per fidelizzarlo; per migliorare il così detto funnel marketing.
Come sempre, la vera differenza la fa la capacità di analizzare ed interpretare il mercato. Fisico o digitale che sia, in quel continuo e crescente elastico che lega il mondo on line con il mondo off line.